Un grande Facchetti in risposta a chi si sente di giudicare pesantemente l'Inter (sarà perché non si adegua al sistema?):
MILANO – Dopo aver raggiunto Parigi insieme con Luis Figo per partecipare in rappresentanza dell’Inter alla festa per i 50 anni di "France Football", il settimanale che assegna il "Pallone d’Oro", a Giacinto Facchetti sono state riportate le dichiarazioni, rilasciate in mattinata a Torino, dai dirigenti della Juventus.
"A Moggi mi sento di rispondere solo che, fra le tante cose che fa nel calcio, non sapevo che volesse anche scrivere in anticipo le sentenze del Giudice Sportivo – ha commentato Facchetti -. Invece, per quanto riguarda l’immoralità citata da Giraudo, non può essere immorale chi spende soldi propri e non credo che debba spiegare io a Giraudo quali sono le cose veramente immorali del calcio italiano, lui dovrebbe conoscerle bene".
martedì, novembre 29, 2005
sabato, novembre 26, 2005
Gioco
Solo per interisti veri! Indovinate il calciatore che ha vestito la nostra maglia!
http://www.babago.it/calciatori_inter.zip
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venerdì, novembre 25, 2005
Codice sconto per DVD.it
Ecco per voi un codice per avere uno sconto di 5 euro su DVD.it Per usufruirne cercate il film che preferite usando l'icona in basso a sinistra (sotto l'immagine di Frank Morris...).
Il codice vale fino a fine mese! HB-VI2KU-TWJFP
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11 stranieri, che male c'è?
Il quotidiano "La Padania" critica l'Inter che si qualifica per gli ottavi di Champion League. Il motivo? Undici stranieri in campo, nessun italiano. Supponendo che si stia parlando di un giornale che si riconosce nei valori della patria (parlo dell'Italia, non della Padania...) non vedo cosa ci sia di male visto e considerato che nella stessa nazionale italiana scende in campo Camoranesi, che non mi sembra più italiano di "Saverio" Zanetti o Cambiasso. In Inghilterra il Chelsea ha già schierato diverse volte 11 stranieri. Certo questo crea un danno alla nazionale, ma non è giusto criticare quando le regole stesse del gioco impongono certe scelte: quanto costa un italiano? Quanti italiani di qualità ci sono sul mercato?
domenica, novembre 20, 2005
Dizionari on-line
Vi segnalo due comodissimi dizionari on-line della Paravia.
Dizionario di italiano:
Clicca qui
Dizionario italiano inglese
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Entrambi sono consultabili gratuitamente, per quello italiano-inglese è necessaria una rapida registrazione. Davvero un ottimo servizio.
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domenica, novembre 13, 2005
Storia della mia lingua
Ho trovato in rete a questo indirizzo un breve trattato sulla mia lingua, il marchigiano. Molte persone si meravigliano e ridono quando ci sentono parlare, in effetti è una lingua un po' buffa ma ha delle radici storiche. Forse ho sbagliato a dire una lingua, sono molteplici lingue profondamente diverse. Tra un Benigni (presidente dell'Ascoli calcio) e un Valentino Rossi c'è una differenza linguistica impressionante. Tra i gruppi citati mi pongo tra il secondo e terzo, le mie zone hanno ripreso molto da Fermo ma qualcosa anche da Camerino, e comunque parliamo,ahimè, con la u finale.
«Ste Marche inzomma è probio desgraziate: tanti paesi edè, tante parlate, che una coll’altra ’n ci ha a che fa a noelle, e tra tutte è ’na torre de Vavelle!».
Il poeta Felice Rampini di Ascoli Piceno esprime in questi versi dei primi anni del 1900 tutta la varietà dialettale delle Marche. Un solo dialetto marchigiano, in effetti, non esiste, ma per motivi storici e geografici ogni provincia ha il proprio, talvolta diverso anche nell’ambito dello stesso circondario. Poiché questa regione ha subìto una colonizzazione diversificata e a più riprese, la parlata locale ha seguito distinte linee di sviluppo dando vita ad un panorama linguistico ricco e multiforme.
Anche se per i linguisti le Marche appartengono al gruppo centro-meridionale/mediano, in realtà nella regione convivono, geograficamente disposti in un continuum, dialetti di tipo settentrionale, centrale (toscano, umbro, laziale) e meridionale-abruzzese tali da rappresentare in microcosmo la situazione intera dell’Italia peninsulare. Il territorio marchigiano viene di norma suddiviso in quattro aree:
- la provincia di Pesaro-Urbino, il nord e la parte costiera di Ancona, appartenenti al ceppo gallo-italico, con una lingua collegata al romagnolo;
- il resto della provincia di Ancona e Macerata (inclusa la zona del fermano), che costituiscono il centro dei dialetti marchigiani, strettamente connessi a quelli umbri, romani e toscani;
- la zona circostante Camerino, che conserva, invece, un tipo di dialetto più arcaico, in cui si mantiene la “-u” finale, senza confondersi con la “-o”, come in “lu monnu” (il mondo), dal latino “mundus”;
- infine, la provincia di Ascoli Piceno, in cui la parlata è stata influenzata dall’abruzzese.
Va inoltre sottolineato che nelle città di mare e nei porti, come Senigallia ed Ancona, si trovano alcune forme d’origine veneta.
I termini gallo-italici (primo gruppo) si distinguono per la presenza dei suoni “ü” e “ö”; per la caduta di alcune vocali, come in “stimana” per settimana, “pover” per povero, “pranz” per pranzo; dall’inversione (metatesi) della consonante tonica, come in “arpià” per ripigliare, “arcudà” per ricordare; dal cambiamento (lenizione) della consonante sorda, come in “segondu” per secondo, “diga” per dica, “figu” per fico e dall’alterazione di tutte le vocali doppie; infine, la lettera “z”, come nella Romagna, diventa “s”, così si dirà “passa” per piazza e “tassa” per tazza.
Nel secondo tipo di dialetto, data la sua ristrettezza, è difficile stabilire delle regole precise, ma abbiamo alcuni caratteri specifici, come il cambio di “i” in “e” e viceversa, tipo in vetro, al plurale “vitre”; nei verbi, come in mietere, che in seconda persona diviene “tu miete”; il cambio “uo” in “o”, per cui buono diventa “bono”. Un’altra particolarità è l’assimilazione delle lettere: caldo è “callo”, grande “granne”, quando “quanno”, ecc... Nelle iniziali in “g” si hanno inoltre delle variazioni, dunque gioventù diventa “gioentù” ad Ancona, ma a Macerata la parola giovanotti si trasforma in “gghioenotti”, con un rafforzamento del suono duro “g”.
Nel territorio intorno a Camerino, invece, il dialetto marchigiano si mantiene più puro, con la sua caratteristica finale in “u”. La coinè “dell’u finale” abbraccia la parte centrale e maggiore della regione, i cui limiti si possono determinare fra la valle dell’Aso a sud e quella dell’Esino al nord.
Questo dialetto, unico nei suoi caratteri fondamentali, tende ad attribuire una certa sonorità alle consonanti sorde, specie dopo le nasali “n” ed “m”: quindi “c”, “p” e “t” divengono quasi “g”, “b” e “d”.
Nella letteratura G. G. Belli si burlò di una tale pronuncia in un sonetto scherzoso intitolato “Sonetto pasdorale”. Tuttavia, se il romanesco di G. G. Belli fu anche terribile strumento di satirica politica, se il siciliano di G. Meli ed il sardo di S. Satta ebbero forme e movenze liriche, se Carlo Porta piegò da par suo il milanese persino a polemiche letterarie... il dialetto marchigiano, semplice, bonario ed eminentemente rurale, non poté trattare, per dirla con Alfonso Leopardi, che di «argomenti umili, piani e preferibilmente locali, senza nascondere le parole men che decenti, perché esse sono moltissima parte del linguaggio del volgo. Quindi, chi può sentirsene scandalizzato, arricci pure il naso e passi oltre!».
Per quel che riguarda il vocabolario, la situazione del marchigiano è piuttosto composita. Citiamo alcuni esempi: nella prima zona si ha “bagé” per maiale e “butrigò” per precipizio; ad Ancona si ha “impalichì” per appisolarsi e “strofu” per cencio; a Macerata, “curtina” è podere e “sarvai” è imbuto; ad Ascoli Piceno, “furia” vuol dire molto, “fracchia” fango e “rua”, dal francese “rue”, significa via.
Il professor Baiardi della facoltà di Lettere ad Urbino afferma che «il diffondersi dell’istruzione e del linguaggio comune dei media ha condotto al declino del dialetto». Esso è comunque ancora diffuso tra gli anziani e nelle campagne, dove però non è puro, ma “inquinato” dall’italiano. Parlato poco, il dialetto è invece sostenuto e valorizzato dagli artisti regionali. A partire dagli anni ’70, sono aumentati gli studi incentrati sulla lingua locale, a cominciare dall’istituzione della cattedra di Dialettologia, proprio in seno all’Università di Urbino (1969-1970).
Lo spirito dovrebbe essere quello di favorire l’autocoscienza linguistica. Lungi cioè dal cercare di stimolare mitici e impossibili ritorni alle origini, si auspica piuttosto di contribuire al formarsi di una più pronta, approfondita e diffusa capacità di percezione delle diversità, nel rapporto dialettico fra radicamento in una realtà territorialmente definita ed uso consapevole e adeguatamente padroneggiato del dialetto di ciascuno.
«Ste Marche inzomma è probio desgraziate: tanti paesi edè, tante parlate, che una coll’altra ’n ci ha a che fa a noelle, e tra tutte è ’na torre de Vavelle!».
Il poeta Felice Rampini di Ascoli Piceno esprime in questi versi dei primi anni del 1900 tutta la varietà dialettale delle Marche. Un solo dialetto marchigiano, in effetti, non esiste, ma per motivi storici e geografici ogni provincia ha il proprio, talvolta diverso anche nell’ambito dello stesso circondario. Poiché questa regione ha subìto una colonizzazione diversificata e a più riprese, la parlata locale ha seguito distinte linee di sviluppo dando vita ad un panorama linguistico ricco e multiforme.
Anche se per i linguisti le Marche appartengono al gruppo centro-meridionale/mediano, in realtà nella regione convivono, geograficamente disposti in un continuum, dialetti di tipo settentrionale, centrale (toscano, umbro, laziale) e meridionale-abruzzese tali da rappresentare in microcosmo la situazione intera dell’Italia peninsulare. Il territorio marchigiano viene di norma suddiviso in quattro aree:
- la provincia di Pesaro-Urbino, il nord e la parte costiera di Ancona, appartenenti al ceppo gallo-italico, con una lingua collegata al romagnolo;
- il resto della provincia di Ancona e Macerata (inclusa la zona del fermano), che costituiscono il centro dei dialetti marchigiani, strettamente connessi a quelli umbri, romani e toscani;
- la zona circostante Camerino, che conserva, invece, un tipo di dialetto più arcaico, in cui si mantiene la “-u” finale, senza confondersi con la “-o”, come in “lu monnu” (il mondo), dal latino “mundus”;
- infine, la provincia di Ascoli Piceno, in cui la parlata è stata influenzata dall’abruzzese.
Va inoltre sottolineato che nelle città di mare e nei porti, come Senigallia ed Ancona, si trovano alcune forme d’origine veneta.
I termini gallo-italici (primo gruppo) si distinguono per la presenza dei suoni “ü” e “ö”; per la caduta di alcune vocali, come in “stimana” per settimana, “pover” per povero, “pranz” per pranzo; dall’inversione (metatesi) della consonante tonica, come in “arpià” per ripigliare, “arcudà” per ricordare; dal cambiamento (lenizione) della consonante sorda, come in “segondu” per secondo, “diga” per dica, “figu” per fico e dall’alterazione di tutte le vocali doppie; infine, la lettera “z”, come nella Romagna, diventa “s”, così si dirà “passa” per piazza e “tassa” per tazza.
Nel secondo tipo di dialetto, data la sua ristrettezza, è difficile stabilire delle regole precise, ma abbiamo alcuni caratteri specifici, come il cambio di “i” in “e” e viceversa, tipo in vetro, al plurale “vitre”; nei verbi, come in mietere, che in seconda persona diviene “tu miete”; il cambio “uo” in “o”, per cui buono diventa “bono”. Un’altra particolarità è l’assimilazione delle lettere: caldo è “callo”, grande “granne”, quando “quanno”, ecc... Nelle iniziali in “g” si hanno inoltre delle variazioni, dunque gioventù diventa “gioentù” ad Ancona, ma a Macerata la parola giovanotti si trasforma in “gghioenotti”, con un rafforzamento del suono duro “g”.
Nel territorio intorno a Camerino, invece, il dialetto marchigiano si mantiene più puro, con la sua caratteristica finale in “u”. La coinè “dell’u finale” abbraccia la parte centrale e maggiore della regione, i cui limiti si possono determinare fra la valle dell’Aso a sud e quella dell’Esino al nord.
Questo dialetto, unico nei suoi caratteri fondamentali, tende ad attribuire una certa sonorità alle consonanti sorde, specie dopo le nasali “n” ed “m”: quindi “c”, “p” e “t” divengono quasi “g”, “b” e “d”.
Nella letteratura G. G. Belli si burlò di una tale pronuncia in un sonetto scherzoso intitolato “Sonetto pasdorale”. Tuttavia, se il romanesco di G. G. Belli fu anche terribile strumento di satirica politica, se il siciliano di G. Meli ed il sardo di S. Satta ebbero forme e movenze liriche, se Carlo Porta piegò da par suo il milanese persino a polemiche letterarie... il dialetto marchigiano, semplice, bonario ed eminentemente rurale, non poté trattare, per dirla con Alfonso Leopardi, che di «argomenti umili, piani e preferibilmente locali, senza nascondere le parole men che decenti, perché esse sono moltissima parte del linguaggio del volgo. Quindi, chi può sentirsene scandalizzato, arricci pure il naso e passi oltre!».
Per quel che riguarda il vocabolario, la situazione del marchigiano è piuttosto composita. Citiamo alcuni esempi: nella prima zona si ha “bagé” per maiale e “butrigò” per precipizio; ad Ancona si ha “impalichì” per appisolarsi e “strofu” per cencio; a Macerata, “curtina” è podere e “sarvai” è imbuto; ad Ascoli Piceno, “furia” vuol dire molto, “fracchia” fango e “rua”, dal francese “rue”, significa via.
Il professor Baiardi della facoltà di Lettere ad Urbino afferma che «il diffondersi dell’istruzione e del linguaggio comune dei media ha condotto al declino del dialetto». Esso è comunque ancora diffuso tra gli anziani e nelle campagne, dove però non è puro, ma “inquinato” dall’italiano. Parlato poco, il dialetto è invece sostenuto e valorizzato dagli artisti regionali. A partire dagli anni ’70, sono aumentati gli studi incentrati sulla lingua locale, a cominciare dall’istituzione della cattedra di Dialettologia, proprio in seno all’Università di Urbino (1969-1970).
Lo spirito dovrebbe essere quello di favorire l’autocoscienza linguistica. Lungi cioè dal cercare di stimolare mitici e impossibili ritorni alle origini, si auspica piuttosto di contribuire al formarsi di una più pronta, approfondita e diffusa capacità di percezione delle diversità, nel rapporto dialettico fra radicamento in una realtà territorialmente definita ed uso consapevole e adeguatamente padroneggiato del dialetto di ciascuno.
venerdì, novembre 11, 2005
Pubblicità
Serie A a Mentana
Nuova puntata nella fiction di canale 5 "Serie A". La conduzione del programma sportivo che ha preso il posto di Novantesimo minuto passa a Mentana. Riuscirà a fare meglio di Bonolis? Ho molti dubbi. Mentana non è un giornalista sportivo, io ci avrei visto meglio l'accoppiata De Luca-Vianello. Confermata la brava Monica Vanali, dovrebbe lasciare anche la Gialappa's band.
venerdì, novembre 04, 2005
Luca Vialli ad Adriano
Caro Adriano,
ti seguo con interesse sin da quando, qualche anno fa, ti sei affacciato,
prepotente come uno dei tuoi favolosi tiri di sinistro, sul palcoscenico del
nostro campionato, mostrando immediatamente di possedere le stigmate del
fuoriclasse. Potente, elegante, talentuoso, ottimo finalizzatore, hai fatto
vedere le tue qualità adattandoti velocemente alle difficili marcature e ai
rigidi, tu spirito libero, dettami tattici del calcio italiano. Hai
dimostrato chi sei e che cosa sai fare nel mitico Brasile e nella grande
Inter, la squadra per cui batteva il mio cuore di fanciullo, di cui sei
diventato la stella e il giocatore più rappresentativo. Ora non stai
attraversando un momento di grande forma e sembri arrabbiato, anche se forse
è più onesto dire che stai giocando male e sei incazzato nero.
Voglio dirti che capisco quello che stai provando. Lo capisco perché qualche
anno fa, quando io giocavo e tu eri ancora un bambino, ho provato le stesse
cose. Anch'io ero considerato un campione e, come te, ero spesso al centro
dell'attenzione. Anch'io, come te, sono stato caricato di grandi
responsabilità, calcistiche s'intende, quando ero ancora un ragazzo con
qualche pregio e molti difetti. Anch'io avevo un rapporto con la maggior
parte dei giornalisti basato sulla massima sfiducia e comunque li
consideravo una bella scocciatura. A volte li evitavo con lunghissimi
silenzi stampa, preferendo, come si dice, parlare con i fatti o meglio con i
gol. Durante i periodi di scarsa vena, puntualmente cominciavano a circolare
strane voci. Una volta dissero che giocavo male perché ero in rotta con il
mio presidente Mantovani. Secondo alcuni ben informati, avevo messo incinta,
io che ero già fidanzato, la figlia di un potente armatore genovese. Per
pagarne il silenzio, avevo chiesto al Presidente un regalo di 800 milioni
(lire!) e arrabbiato per il suo rifiuto avevo deciso di giocare male.
Un'altra volta dissero che non segnavo perché ero in crisi con il mio
compagno di squadra, oggi il tuo allenatore, Mancini, con il quale avevo una
relazione tanto intima quanto segreta. Oggi, scrivendo e ricordando queste
cose, mi viene da sorridere. Ma allora mi arrabbiavo e mi incupivo, un po'
come te e smettevo di sorridere, soprattutto in campo. Anche certi compagni
di squadra cominciavano a risultarmi antipatici e invece di apprezzarne i
pregi, in campo e fuori, mi concentravo sui loro difetti, inconsciamente
incolpandoli della mia situazione. Anche io ho avuto momenti di
incomprensione con grandi allenatori. Pensa che una volta, toccando il punto
più alto di stupidità della mia carriera, ho rifiutato la Nazionale perché
non ero in sintonia con Sacchi. Anch'io, come te, ho dovuto convivere con il
fardello della responsabilità di essere considerati degli esempi, dei
leader. Dai compagni che ti guardano e sono pronti a seguirti, ai tifosi che
ti vorrebbero il più bravo in campo e immune da qualsiasi tentazione fuori.
La vita del campione è fatta di onori ma soprattutto di oneri. Leader è
colui che smette di chiedere cosa la squadra sta facendo per lui e comincia
a domandarsi cosa può fare lui per la squadra. Come a Torino, contro la
Juve, quando forse avresti potuto farti «sentire» di più anche se la tua
squadra, impegnata a difendersi, non ti forniva il supporto di cui
necessitavi. Anche io, come te, ho sofferto di infortuni piccoli e grandi
che hanno condizionato le mie prestazioni. Oggi pensando ai momenti
difficili della mia carriera di giocatore, provo un po' di nostalgia. Perché
erano comunque momenti importanti. Perché è quando le cose non funzionano
che si impara a conoscere se stessi, di che pasta si è fatti. Quando devi
guardarti dentro e cercare il coraggio, la forza e la determinazione per
cominciare la risalita. Perché si dice che si cade per imparare a rialzarsi.
Piano piano ho imparato che ci vuole pazienza. Ho capito che in certi
momenti la cosa più importante era allenarsi seriamente per ritrovare la
forma e la gioia di correre veloci senza fare fatica. Ho capito che era
importante arrivare al campo per primi e andarsene per ultimi curando tutto
nei minimi dettagli. Ho capito che era altrettanto giusto ed importante
staccare la spina e vivere i propri 20 anni, ma sempre con un po' di
giudizio e buon senso. E poi, raccontare la tua verità, ponendo fine a tutte
le illazioni perché c'è un sacco di gente che ti vuole bene ma che ora non
sa più a cosa credere. Parla e spiegati sempre con i compagni e con Mancini.
Lui, come me, sa cosa provi e lui, come te, vuole fare grande l'Inter.
Roberto, come tutti i grandi giocatori diventati allenatori, è molto
esigente, ma so che ti stima e sta lavorando per farti diventare il più
forte di tutti. Tu sei Adriano l'Imperatore e questo non te lo devi scordare
mai. Scusandomi per l'intrusione con affetto e ammirazione
martedì, novembre 01, 2005
Mini recensione Nokia 6230 Milleuna Tim
Mini recensione del Nokia 6230 Milleuna Tim
Confezione:
Nella confezione con il telefono troviamo una sim card Tim da 5 euro,auricolare stereo, cd di installazione e una memory card MMC da 32Mb. Non c'è il cavetto ma non è un grande problema, come spiegherò in seguito.
Il cd di installazione funziona solamente con Windows XP e Windows 2000.
Primo approccio:
Il Nokia spedito da Tim è grigio argentato. Molto bello esteticamente, non è piccolissimo ma sta comodamente in tasca. L'aspetto è molto sobrio, l'ideale per un professionista.
L'apertura della cover posteriore è un po' difficoltosa, non è una novità per chi è abituato ai cellulari Nokia. Dopo un po' ci si abitua. I pulsanti sono rapidi e facili da usare, tranne quello centrale che può risultare un po' ostico inizialmente sebbene poi risulti molto comodo.
Software:
Detto che i servizi base sono completi (T9, vivavoce, vibrazione, chiamata vocale ecc...) andiamo ad analizzare più da vicino il contenuto di questo cellulare.
Il software è davvero ottimo, come sempre nel mondo Nokia.
E' tutto molto semplice e intuitivo, e soprattutto gira velocemente.
Si possono realizzare video, ascoltare mp3,registrare le chiamate,guardare videoclip e tanto altro.
Le foto sono di qualità 640*480, non malvagie di giorno. L'audio dei video e degli mp3 è discreto per un cellulare. Gli mp3 possono essere utilizzati come suoneria senza alcuna limitazione. La radio funziona soltanto con gli auricolari attaccati,un peccato.
I giochi Java inclusi sono: Chess Puzzle, Golf,Beach Rally II.
C'è anche un comodo dizionario delle lingue, utilissimo quando si va all'estero.
Le prove sul campo:
Per testare il telefono ho attivato l'opzione Maxxi Tim wap (3 euro) e Maxxi Mobile tv (5 euro). E' possibile impostare l'APN di default, in questo modo si può scegliere la connessione più conveniente tra il wap e il GPRS/Edge standard. Bisogna dire comunque che la connessione si è sempre rivelata discretamente veloce, molto più performante del normale GPRS.
Ecco un elenco di prove:
-Mobile Tv.
I canali disponibili sono quelli della Rai (identici a quelli che vanno in onda), più altri servizi supplementari come il tg5,l'isola dei famosi ecc...La visione della tv è abbastanza fluida, per cui il video è decente. Essendo lo schermo un po' piccolo non si riescono ad esempio a distinguere bene le azioni di una partita di calcio (almeno è cosi con gli spezzoni offerti da Tim),ma altri programmi non danno problemi salvo qualche volta in cui il buffer della connessione si vuota e perdiamo un paio di secondi di visione. Comunque la connessione Edge è più che sufficiente per vedere lo streaming. In generale sono soddisfatto dal servizio.
-Installazione Applicazioni.
Le potenzialità di questo cellulare possono essere sfruttate appieno installando alcuni utilissimi programmi Java. A mio avviso i migliori sono Opera Mini, Mmail,eMSN,Smsbug. Opera mini permette di sfruttare il cellulare come se avessimo a disposizione il browser del pc. Funziona tutto benissimo, anche la connessione a siti sicuri. Mmail è un client per le email (costa appena 4 dollari),eMSN è un programma gratuito che permette di chattare con utenti msn che scrivono dal computer, infine SMSbug è un comodo software che in periodi di magra permette di inviare SMS a soli 3 centesimi.
L'installazione delle applicazioni avviene in modo molto semplice con la Nokia pc suite (in dotazione). Il trasferimento dei file può avvenire, oltre che da wap, mediante cavetto USB, infrarossi e bluetooth. Quest'ultimo è il metodo che consiglio e che rende assolutamente inutile il cavetto.
-I film sul telefonino.
Sembra una cosa strana ma ormai sui cellulari si possono guardare anche i film. Per farlo basta convertire tramite la Nokia pc suite un filmato nel formato .3gp
Un film mediamente occupa attorno ai 50 Mb quindi richiederà una memory card maggiore. In alternativa si possono spezzettare i film oppure passare al cellulare brevi videoclip.
Qui ho trovato la pecca più grande: non è infatti possibile mandare avanti o indietro il filmato. In tal modo se per caso ci arriva un messaggio e usciamo dal player siamo costretti a ricominciare dall'inizio la visione. Un vero peccato.
Per ora la recensione si ferma qui, del resto l'ho avuto tra le mani per appena 8 ore...
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